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Incontro con Maria Romana De Gasperi

“Alcide De Gasperi e il mestiere della politica”

 

“Al tramonto della vita quel che conta è aver saputo amare” soleva dire Giorgio La Pira. Una nota espressione che ha dato luce a tutta la serata, nell’Auditorium di Loppiano lo scorso 28 novembre, rammentata ai presenti da Donato Palarchi, presidente del Circolo culturale “Verso l’Europa” di Arezzo, partner dell'iniziativa con lo IUS. Perchè se l'incontro era centrato sul percorso civile e politico di Alcide De Gasperi, è più vero che al centro dello straordinario dialogo che si è snodato con la figlia dello statista trentino, Maria Roma De Gasperi, è stato proprio l'amore, pulsazione ininterrotta che ha sorretto l'azione, nel privato come nel pubblico, di uno tra i grandi che hanno edificato la storia dell'Italia nel secolo scorso.

 

 

La serata è stata moderata da Marco Luppi, docente di Teoria Politica presso lo IUS, ed ha visto la partecipazione di Rosa Bruna De Pasquale, già parlamentare ed ora dirigente dell’Ufficio scolastico della Regione Toscana.

 

La signora De Gasperi, 92 anni di preziosa esperienza ed invidiabile tempra, alzandosi in piedi per rispondere ad ogni domanda, ha consegnato ai presenti affascinati un’intensa e commovente testimonianza. La serata, scandita anche dalla lettura di alcuni brevi testi raccolti nell’audiolibro su De Gasperi prodotto dalla Rete Europea Risorse Umane – “Fedele alla mia stella” (2008) -, ha visto l’attenta biografa alternare il tono della confidenza, rispetto alla quotidianità domestica di una famiglia radicata su valori profondi e universali, al racconto dettagliato di alcuni momenti nevralgici, nello scenario istituzionale del secondo dopo guerra, in cui il Presidente del Consiglio ha guidato la ricostruzione del Paese.

 

Solo qualche appunto preso rapidamente per fermare un tempo che, soprattutto i giovani in sala, avrebbero voluto durasse di più.

 

Un politico povero per i poveri
“Quando mio padre morì, pensai di scrivere ciò che la gente dovesse sapere di lui: raccolsi centinaia e centinaia di carte. Bisognava far capire che uomo fosse... - ha ricordato la signora De Gasperi -. Era partito con qualche spicciolo in tasca per affrontare gli studi in Austria, studi che mio nonno non poteva permettersi di pagare. A Vienna andò a vivere in una piccolissima stanza, mangiava ad una mensa popolare. Per tutta la vita gli fu facile capire la povera gente, dato che ne aveva vissuto la condizione. Sapeva cosa voleva dire essere ammalati e soli, avere freddo, chiedere un aiuto a qualche amico per potere tirare avanti e continuare a studiare.” “Un uomo si fa quando è giovane; cominci così se vuoi riuscire a fare qualcosa di serio nella vita...”, ha confidato ancora, concludendo lo scorcio del periodo trascorso a Vienna a cavallo del secolo.

 

Un padre del sogno europeo
“Anche la convivenza con uno studente slavo, uno ungherese ed altri di diversa nazionalità, gli è servita per cominciare a pensare all'unità dei popoli europei. Sapeva quali erano i loro bisogni e desideri, e quando entrò al Parlamento viennese per la sua prima esperienza politica, portò con sé il carico di questa esperienza”. E l'antico Parlamento di Vienna conserva ancora una targa a ricordo del seggio occupato da Alcide De Gasperi.
Ripercorrendo il cammino della sua vita, a questo punto si sono affacciate alla memoria le figure di Konrad Adenauer e Robert Schuman, ovvero i volti di una Germania semidistrutta e di una Francia a dir poco provata, anime grandi, intenzionate con Alcide De Gasperi a scongiurare il pericolo di una terza guerra mondiale.

 

Maria Romana De Gasperi ha sottolineato spesso il riferimento costante del padre a “dare a figli e nipoti un vero avvenire di pace, che doveva portare con sé l’impossibilità di ammazzarsi l’uno con l’altro. Cosicché le Alpi da simbolo di confine, oltre il quale abitava il nemico, sarebbero divenute colline. Quanti giovani oggi attraversano queste colline sulla scia delle più varie iniziative dell’Unione, come Erasmus…”.

 

Una logica simile traspariva anche dalla proposta, dettata dai tempi, di dare all’Europa un esercito comune: per De Gasperi anti-militarista, ciò avrebbe richiesto un’entità politica comune in grado di deliberare su di esso. Un altro passo avanti, quindi. “Certo, nessuno dei tre padri poteva immaginare che sarebbe passato così tante tempo, che fosse così difficile per tanti governi rinunciare a qualcosa per aiutare l’altro: quanta strada è da fare ancora… Non so se i giovani ce la faranno, perché noi non ce l’abbiamo fatta…”.

 

Un uomo libero, al servizio di tutti
Accanto alle figlie, nelle ore serali che custodiva per loro, leggeva l’Inferno di Dante, commentando rime e disegni: “…perché questa è l’umanità”. L’8 settembre del ’44 toccò anche a lui nascondersi, in un convento in Laterano. Poi venne il tempo di riscattare la speranza del Paese: “Qualche volta mio padre mi sembrava un valoroso guerriero che sguainava la spada: pronto ad ogni sacrificio perché ai principi si doveva dare il giusto valore. E non mi importava di avere solo due paia di scarpe, anche quando papà era Presidente: andava bene così”.

 

La memoria di Alcide De Gasperi vive oggi anche grazie all'impegno instancabile dell’omonima Fondazione che ha sede a Trento. Ma vivrà soprattutto se, oltre a ricordarne l’opera eccezionale, le nuove generazioni sapranno meritare il prezzo pagato da uomini e donne come questi.

 

Testo: Mario Agostino

Foto: Noemi Sanches

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