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“La Chiesa come spazio di dialogo e relazione”

Un incontro a Genova con il contributo dello IUS

 

11 dicembre, Villa Ronco, Genova Sampierdarena. Circa un centinaio di persone erano presenti all’incontro “La Chiesa come spazio di dialogo e relazione” promosso dall’Associazione culturale Arena Petri e dai Giovani per un mondo unito, con il contributo dello IUS; un momento di riflessione e dialogo a conclusione dell’Anno della fede e a cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II.

 

 

Protagonisti dell’iniziativa sono stati anzitutto i giovani, che si sono chiesti: cosa siamo chiamati a dare, come Chiesa, in questi tempi di crisi sotto diversi fronti, sociale, economica, ma soprattutto di relazione? Sullo sfondo, una espressione di papa Francesco colta nella recente esortazione Evangelii Gaudium: “… mentre nel mondo, specialmente in alcuni paesi, riappaiono diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di riconoscere l’altro, di sanare la ferite, di costruire ponti, di stringere relazioni e aiutarci ‘a portare i pesi gli uni degli altri’(Gal 6, 2)”.

 

In questa cornice è apparso intonato dare voce anche all’esperienza di alcuni studenti dello IUS che hanno presentato in modo particolarmente coinvolgente il loro Istituto: Andrea Cardinali, della Laurea magistrale in Ontologia trinitaria, e Mario Agostino, dottorando in Comunicazione politica.

 

Relatore della serata, Alessandro Clemenzia, sacerdote, professore di Ecclesiologia allo IUS e alla Facoltà teologica di Firenze. Vivo, intenso il suo contributo, che ha preso le mosse dall’analisi della situazione che manifesta su diversi fronti, in particolare nella dinamica sempre più conflittuale tra globalizzazione e localismi, due ordini di sfide: 1) quella dell’alterità, di un rapporto con l’altro da ripensare, ritrovare, riapprendere; 2) quella dell’unità, che siamo spinti a realizzare in ambito politico, economico, culturale, senza distorcere e subordinare le identità particolari che ci formano, che ci individuano e, sentendosi minacciate, spesso sfociano in miopie culturali pericolose e distruttive.

 

In queste sfide è immersa la Chiesa, che è tale perché vive dentro il suo tempo. Come reagire?

La proposta avanzata da Clemenzia è stata quella di pensare, prima di tutto, alla Chiesa come ad un “noi”. Noi, ciascuno dei presenti, è Chiesa, ciascuno col suo essere e vivere, manifesta e testimonia la presenza della Chiesa nel mondo, luogo in cui Dio incontra l’uomo e l’uomo incontra Dio. Un Dio che si è rivelato Trinità e dunque un Dio che, in se stesso, vuole, ha necessità dell’altro. Di grande fascino, inoltre, la possibilità di guardare ad ogni essere umano attraverso Maria, realizzazione dell’umanità, scoprendo in ogni uomo e donna qualcuno che è capace di accogliere Dio senza tenere niente per sé. Ecco allora cos’è la Chiesa: uno spazio, un vuoto, in cui sperimentare con gli altri uomini la presenza e l’amore di Dio (“Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, Mt 18, 20) e riversarla sul mondo, in un’unità che non toglie, ma si alimenta delle differenze, delle singolarità, le quali, a loro volta, non si autodistruggono se mirano all’unità.

 

Nelle parole conclusive di Davide Penna ed Emanuele Pili, giovani genovesi, studenti allo IUS, un’immagine e due citazioni. L’immagine è quella del cristiano come “serbatoio, immettitore” di autenticità, luce, speranza e vera libertà nel mondo. Serbatoio che si alimenta della gioia del Vangelo (“Rallegrati Maria!” sono le parole dell’Angelo alla madre di Gesù), con quello sguardo di Pasqua che sa vedere in ogni morte il germe della vita nuova. Infine le due citazioni: quella del cardinale Bagnasco, che anche di recente ha ricordato l’importanza e la bellezza dei legami e il pericolo del grande nemico di oggi: l’individualismo. E quella di papa Francesco che scrive ancora nell’Evangelii Gaudium: “il modo di relazionarci con gli altri che realmente ci risana invece di farci ammalare, è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano”.

 

Un incontro, dunque, che nell’ascolto del grido di questo tempo ha voluto rispondere così: “io sono se tu sei, io sono perché tu sia”.

 

Testo a cura di: Associazione culturale Arena Petri
e Giovani per un mondo unito

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